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18 Marzo 2024

Peter Tannenbaum all’ONU, da ex “bambino profugo” focus su apolidia

(di Alessandra Baldini)

NEW YORK, 8 DICEMBRE – Che nel 1947 suo padre Miklos, ebreo di Budapest, avesse  mandato un “messaggio in una bottiglia” per emigrare in America da un campo di accoglienza profughi in Italia dopo la Shoah, il figlio Peter, nato a Genova nell’aprile 1946, non aveva la più pallida idea. Ancora meno Peter aveva idea che quella lettera, con la sua foto da bambino di poco più di un anno – sul retro l’appello allo “zio presidente, aiutami a diventare un buon americano” – fosse stata inclusa nella busta inviata al capo dell’UNRRA, l’agenzia che sarebbe diventata anni dopo l’UNHCR,  per chiedere aiuto a trovare asilo in America.

Peter Tannenbaum
Peter Tannenbaum

Matematico di chiara fama in California – un interesse sui rapporti di influenza tra paesi, ad esempio negli equilibri di voto in Consiglio di Sicurezza dell’ONU – Peter Tannenbaum e’ venuto al Palazzo di Vetro per vedere con i suoi occhi la lettera partita dal Campo 17 di Grugliasco, alle porte di Torino, che gli archivisti dell’Onu hanno incluso in una esposizione di foto e documenti sui 70 anni dell’organizzazione. La mostra prende le mosse dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dai tre pilastri – pace e sicurezza, attività umanitarie, sviluppo – che ancora oggi sono alla base delle Nazioni Unite.

Peter e Sarah Tannenbaum
Peter e Sally Tannenbaum

Piccoli miracoli possono succedere anche in un una organizzazione grande come l’ONU. La mostra, nell’atrio dei visitatori, doveva chiudere i battenti il 30 novembre. E’ stata prorogata “ad personam”: per permettere a Peter Tannenbaum un “tuffo” nella sua infanzia.  “Per noi quella lettera e’ la prova perfetta del bisogno di conservare gli archivi e la memoria istituzionale dell’ONU”, ha detto a ONUITALIA Anne Fraser, l’archivista delle Nazioni Unite, secondo cui la storia dei Tannenbaum e’ importante, oggi come allora, “in un mondo dove lo status di profugo e’ spesso demonizzato”. La Fraser ha spiegato a Peter la logica della scelta di quel documento: nella mole delle carte conservate negli archivi Onu, metteva un volto umano, “tangibile”,  alla storia delle migrazioni dopo la Seconda Guerra Mondiale, uno dei grandi eventi della storia di quel tempo.

Da Santa Barbara dove vive con la moglie Sally, ex giornalista e docente di scienze delle comunicazioni, Peter ha portato a New York tre tasselli di un puzzle che lentamente sta tornando a ricomporsi.

I documenti di viaggio da apolidi della famiglia Tannenbaum
I documenti di viaggio da apolidi della famiglia Tannenbaum

Sono i due documenti per apolidi “validi per un solo viaggio” emessi dalla delegazione romana del Comitato Internazionale della Croce Rossa – allora con sede a Roma, in via Gregoriana – quando nell’estate 1948 i Tannenbaum  sono stati finalmente autorizzati a emigrare in Uruguay. Un terzo documento e’ un “certificato di identità di emergenza” del 30 agosto 1948: l’IRO, la prima organizzazione Onu per i rifugiati succeduta all’UNRRA, garanti’ alla madre “Anna”, di professione sarta, e al piccolo “Pietro”, il salvacondotto per il Sud America. Nella foto spillata sul documento, il bambino e’ ritratto in braccio alla mamma.

La S/S Argentina
La S/S Argentina

“Il presente certificato e’ emesso al solo scopo di fornire al portatore documenti di identità al posto del passaporto nazionale durante il transito”. Tanti i timbri sui documenti emessi dalla Croce Rossa: della Questura di Roma, del Consolato uruguaiano che in luglio concesse alla famiglia visti temporanei da turista e finalmente il 28 settembre 1948 quello dello scalo marittimo di Genova, la citta’ dove Peter era nato il 5 aprile 1946 in un ospedale cattolico.  I Tannenbaum si imbarcarono sulla S/S Argentina, una ex nave per il trasporto truppe tornata proprio quell’anno al servizio passeggeri. Qui Wikipedia viene in aiuto a confermare che il viaggio verso il Sud America durava una quarantina di giorni. Due le tariffe dell’andata e ritorno, da 1.030 dollari per la prima classe e 630 in economica,  ma per i Tannenbaum, profughi senza passaporto all’inseguimento di un futuro migliore oltre l’oceano, sarebbe stato un viaggio di sola andata. Il 16 ottobre 1948 la Policia de Immigracion certifico’ sugli stessi documenti lo sbarco dei tre a Montevideo.

I genitori di Peter, sopravvissuti all’Olocausto nella cantina della fabbrica di tessuti che Miklos aveva in societa’ con un partner cristiano, in realta’ avrebbero preferito restare in Italia: “Amavano il vostro Paese e la gente che avevano incontrato”, racconta il Prof. Tannenbaum davanti alla “capsula del tempo” racchiusa nelle vetrine delle Nazioni Unite. I Tannenbaum finirono invece a Montevideo e di li’ nel 1979 in Israele dove sono morti, lei nel 2001, lui nel 2004 a 87 anni,  “dopo una vita piena, felice, di successo, due figli e nove nipoti”, ha detto Peter.

Miklos Tannenbaum with PeterDel campo 17 di Grugliasco alle porte di Torino, dove Miklos e Anna approdarono dopo la liberazione di Budapest, i genitori Tannenbaum  hanno conservato per tutta la vita un ricordo felice. “Fu, nella loro vita, un periodo buono, soprattutto in confronto a quello che avevano passato”. I profughi del campo erano liberi di entrare e uscire, ma soprattutto cercavano una via di uscita dalla condizione di profugo. La coppia Tannenbaum non fece in tempo ad afferrare l’opportunità offerta dal sindacato dei pellicciai canadesi alla ricerca di esperti in pellami da far emigrare. Molti uomini si fecero avanti ma quando Miklos si presento’ era troppo tardi: le quote si erano riempite.

Rimanere in Italia era d’altro canto impossibile dato lo status di apolidia di Miklos e Anna. Allora come oggi l’apolide è un individuo che nessuno Stato considera come proprio cittadino e a cui, in assenza di un riconoscimento formale, vengono spesso negati diritti fondamentali.  L’assenza di dati certi sulla presenza di persone apolidi, in Italia e nel mondo, rende ancora oggi questo fenomeno spesso sottostimato e tuttavia le stime parlano di dieci milioni di persone apolidi, di cui più di seicentomila in Europa.

Il retro della foto di Peter inviata dal padre all'UNNRA
Il retro della foto di Peter inviata dal padre all’UNNRA

Per un capriccio del destino Peter Tannenbaum e’ stato apolide due volte: la prima da bambino, la seconda da adulto, ormai stabilito in California. Il giovane matematico si era prefisso di continuare la sua vita negli Usa e aveva ottenuto la carta verde, ma fini’ per perdere la cittadinanza dell’Uruguay non essendo rientrato nel paese come previsto dalla legge per i residenti all’estero. Fu uno status di “senza terra” durato per pochi mesi prima di prestare giuramento e diventare “un buon americano”: proprio come aveva auspicato suo padre, sul retro della foto “messaggio in una bottiglia” inviata all’UNNRA per chiedere aiuto ad emigrare. (@alebal)

Alessandra Baldini
Alessandra Baldinihttps://www.onuitalia.com
Alessandra Baldini e’ stata la prima donna giornalista parlamentare per l’Ansa, poi corrispondente a Washington e responsabile degli uffici Ansa di New York e Londra. Dirige OnuItalia.

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